Samatha, breve lezione introduttiva

medsedCentro Meditazione Roma

1. L’atteggiamento

Nel Discorso della freccia, il Sallasutta, il Buddha dice che quando viene scagliata una freccia a una persona ordinaria è come se ricevesse due frecce e sentisse due dolori: al corpo e alla mente. Invece una persona che conosce il Dharma sarà colpito da una sola freccia, al corpo. Il Buddhismo è soltanto questo, far sì che ci colpisca solamente la freccia al corpo.

Il giusto atteggiamento durante le meditazioni è quello di non aspettarci nulla, cosa mai dovremmo attenderci se nella meditazione sperimentiamo il Dharma, cioè le cose così come sono?
Non v’è nulla di esoterico, mistico o estatico in queste pratiche in cui non facciamo altro che prenderci cura di noi e prendere confidenza con noi stessi.
Non dobbiamo eccedere nello sforzo, dobbiamo semplicemente stare con noi stessi, con la dimora sicura che è la nostra persona e seguire il respiro. Un eccesso di sforzo non farebbe altro che aumentare le nostre resistenze.
Nel buddhismo non c’è differenza tra il prendersi cura di sé e il prendersi cura degli altri. Nel discorso di Sedaka, il Sedaka Sutta, il Buddha dice “io mi prenderò cura di me stesso praticando i fondamenti della presenza mentale, io mi prenderò cura degli altri”. Nel discorso un maestro acrobata suggerisce all’assistente che ognuno pensi all’altra nell’esercizio di equilibrio, mentre l’assistenza esorta il maestro affinché ognuno pensi a sé, perché solo in questo modo è possibile la riuscita dell’impresa.

2.Come trattare le distrazioni durante la samatha

– Contare fino a che i polmoni sono pieni e poi contare l’espirazione fino a che i polmoni sono vuoti
– A mente diciamoci: “sto pensando, ho pensato” e tornate al respiro
– Se la distrazione è un pensiero molto forte e piacevole
come fantasie dei sensi, preoccupazioni,
cerchiamo di disinnescarlo con un pensiero contrario
e poi torniamo al respiro

3. Indicazioni preliminari per samatha

La nostra mente è come una tazza con acqua torbida, più è ferma la tazza più il torbido si depositerà sul fondo e più l’acqua sarà chiara: la concentrazione rallenta il pensiero e approfondisce la consapevolezza del momento presente.

Quando un pensiero ci distrae dall’attenzione al respiro, dobbiamo lasciarlo andare con gentilezze e tornare al respiro. Per tornare con gentilezza al respiro quando ci catturano le distrazione, immaginate la mente come un pugno chiuso quando è afferrata da un pensiero distraente e poi immaginate di aprire lentamente il pungo della mente per lasciare andare quel pensiero.

Dopo qualche minuto iniziale sul respiro, ricordiamoci della metafora del falegname: quando taglia un ceppo con la sega, non segue con lo sguardo i denti della sega che vanno avanti e indietro, sarebbe assalito dalle vertigini, ma segue idealmente la linea su cui passare la sega. Allo stesso modo, “cerchiamo il respiro”, cioè lentamente concentriamoci sul respiro che da molto presente si farà sempre più sottile, in un punto preciso che è il nostro. In genere, il punto è tra labbra superiori e base delle narici. Ma dobbiamo “cercare il nostro respiro”, il punto in cui riusciamo a seguirlo nella sua dimensione più sottile quando la concentrazione sull’oggetto meditativo è molto profonda e continua.

Quando non sentiamo più il respiro perché è troppo sottile, facciamo qualche respiro veloce e poi torniamo al ritmo naturale.

Quando riusciamo a seguire il respiro nella sua dimensione più sottile e la concentrazione sull’oggetto meditativo è molto profonda e continua, ci troviamo nel momento di passaggio dalla concentrazione comune alla concentrazione di accesso o momentanea. Di accesso perché è la concentrazione necessaria per proseguire in una samatha più profonda e per praticare la vipassana. Concentrazione momentanea perché la mente segue ogni istante, momento dopo momento, con vigile attenzione il momento del respiro che entra e quello del respiro che esce. Da questo tipo di concentrazione è possibile praticare sia la samatha sia la vipassana con profitto.
La concentrazione di accesso è caratterizzata da una stabile concentrazione sull’oggetto meditativo.


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